Contesto

La Politica Comune della Pesca (PCP) tende a garantire che le attività dei settori della pesca e dell’acquacoltura siano sostenibili nel lungo termine dal punto di vista ambientale e siano gestite in modo coerente con gli obiettivi relativi ai benefici economici, sociali e occupazionali da raggiungere. Nelle analisi economiche di un Paese, spesso non si tiene di conto il fatto che gran parte del sistema produttivo dipende dalla natura, dai suoi prodotti e dalle sue risorse. In questo contesto il mare rappresenta un fattore strategico per molte attività economiche, perché la forza dell’elemento marino è fortemente incardinata nell’economia dei territori costieri. Ciò vale tanto più se si pensa all’Italia, che geograficamente è posizionato al centro del Mediterraneo, che vanta 7.500 km di coste, con 15 regioni e oltre 600 comuni bagnati dal mare. Proprio da questi dati nasce l’esigenza di irrobustire la rete di cooperazione e di alta formazione che possano valorizzare la filiera del mare nel suo insieme e nelle sue singole componenti.

Nel caso della pesca, il possibile strumento di mediazione tra interessi di conservazione della biodiversità ed interessi economici del settore produttivo, passa attraverso la necessità di salvaguardia delle risorse biologiche, oggetto di interesse economico: uno degli strumenti individuati per garantire la tutela delle risorse è l’istituzione di aree sottoposte a protezione spaziale. La complessa rete di aree protette sul mare si articola principalmente nei seguenti ambiti: Aree Marine Protette (AMP), Zone di Tutela Biologica (ZTB), Siti di Interesse Comunitario (SIC), Zone di Protezione Speciale (ZPS).

Per quanto concerne le Aree Marine Protette (AMP), istituite con Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, esse hanno rivestito negli ultimi decenni sempre maggiore rilievo nella politica di gestione del mare, assumendo in se numerosi obiettivi sia di conservazione della biodiversità che di gestione della pesca.

Ad oggi, in Italia sono state istituite 27 Aree Marine Protette (AMP) a cui vanno aggiunti i 2 Parchi Nazionali con perimetrazione a mare (P.N. Arcipelago de La Maddalena, P.N. dell’Arcipelago Toscano), oltre a 2 Parchi Sommersi (Baia e Gaiola) e al Santuario Internazionale dei mammiferi marini. Vi sono inoltre 11 AMP di prossima istituzione, in quanto è in corso il relativo iter tecnico amministrativo, e 6 aree che sono solo state indicate come meritevoli di tutela, ma non è ancora iniziato alcun iter amministrativo per l’istituzione.

A questa prima panoramica, che evidenzia un’ampia e variegata distribuzione territoriale, si può aggiungere che la flotta peschereccia operante all’interno delle AMP italiane è composta da più di mille imbarcazioni rappresentanti circa il 8.3 % dell’intera flotta peschereccia italiana ed il 17,8 % del segmento di flotta definita pesca costiera artigianale (dati Fleet Register).

Alle AMP si aggiungo le Zone di Tutela Biologica (ZTB), istituite con Decreto del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (MIPAAF), definite specificatamente per la conservazione delle risorse alieutiche: la regolamentazione di queste aree prevede la possibilità di vietare o limitare nel tempo tutte o alcune attività di pesca nelle zone di mare che, in base a dati scientifici, sono riconosciute come aree di riproduzione o di accrescimento di specie marine, di importanza economica e/o che risultino impoverite da uno sfruttamento troppo elevato. A partire dagli anni novanta ad oggi negli specchi acquei italiani, sono state istituite 12 Zone di Tutela Biologica, la cui disciplina è di competenza del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.

Si annoverano inoltre i siti appartenenti alla cosiddetta rete Natura 2000, individuati ai sensi della Direttiva 92/43/CEE, conosciuta come Direttiva “Habitat”, recepita nella nostra legislazione con il DPR n. 357/97, che ha lo scopo principale di promuovere il mantenimento della biodiversità e la protezione degli habitat naturali, attraverso la designazione di zone speciali di conservazione (ZSC), e le Zone di Protezione Speciale (ZPS), individuate ai sensi della Direttiva 79/409/CEE, conosciuta come Direttiva “Uccelli”, modificata con Direttiva Uccelli Selvatici 2009/147/CE, recepite rispettivamente con Legge n.157 dell’11 febbraio 1992 e Legge N. 96 del 4 giugno 2010, per la salvaguardia degli uccelli selvatici.

I siti della rete Natura 2000 sono individuati concretamente in base alla presenza di habitat e specie, definite di interesse comunitario, in quanto ritenute in pericolo, vulnerabili, rare, o endemiche, e come tali bisognose di particolare attenzione, data la specificità biologica e il grado di sfruttamento sullo stato di conservazione. In Italia sono stati attualmente identificati e riconosciuti 2.589 SIC, di cui circa 1.330 appartenenti alla regione biogeografica mediterranea; soltanto una settantina sono i siti esclusivamente marini, individuati o per la presenza di Posidonia oceanica, o per la presenza di grotte sommerse e semi sommerse.

I restanti SIC sono individuati prevalentemente negli ambienti di transizione e includono nel proprio perimetro porzioni di mare e di terra. La regolamentazione di queste aree, di competenza della Amministrazioni regionali, deve essere finalizzata all’adeguata conservazione degli elementi biologici caratterizzanti il sito, e alla messa in rete nel sistema ecologico europeo.

Il quadro complesso che si è delineato identifica dunque una serie di possibili destinatari del progetto, caratterizzati da competenze ed esperienze differenziate, riconducibili principalmente a: personale delle aree protette, funzionari regionali che si occupano della gestione dei Parchi e della rete Natura 2000, risorse umane che operano a vario titolo nella gestione della pesca all’interno delle aree protette (cooperative di ricerca, consulenti), referenti delle amministrazioni centrali di competenza (MATTM e MIPAAF), personale delle Capitanerie di Porto che operano nei territori di interesse.

Il progetto si propone di incidere positivamente sulla gestione e sviluppo della pesca all’interno delle aree protette: l’attuazione di nuove strategie di sviluppo necessita infatti di un processo di condivisione ampio, realizzabile attraverso l’avvio di adeguati strumenti di policy e il sostegno continuo di processi di formazione e scambi di esperienze. Questi elementi rappresenteranno gli strumenti privilegiati per facilitare un concreto cambiamento culturale e sviluppare una visione di sintesi tra conservazione della natura e utilizzo sostenibile delle risorse.

Dopo aver realizzato un complessivo inquadramento della tematica, che evidenzi anche le specificità territoriali, il progetto propone anche iniziative di condivisione, poiché condividere vuol dire imparare dalle esperienze altrui e trasferire ciò che si sa fare e questo consente di migliorarsi reciprocamente, sviluppando conoscenze e sperimentando un approccio negoziato e condiviso per la soluzione dei problemi.

L’utilizzo di nuove tecnologie di informazione e comunicazione favorirà un’ampia partecipazione al progetto, incentivando anche coloro che risultano impossibilitati a spostarsi per motivi di budget o di tempi. Attraverso tale percorso si vuole trasmettere un complesso sistema di conoscenze tecniche, di soluzioni gestionali che possano trovare applicazione in occasioni territoriali diverse e di costruzione di una rete operativa attiva tra partecipanti.